Mondo

Contro le stragi nel Nord del Paese. Vita a Roma per l’Uganda

Italiafrica con noi il 12 luglio per parlare di una tragedia dimenticata. Con Veltroni, Pezzotta e il cardinal Martino.

di Emanuela Citterio

I massacri continuano. Il 90% della popolazione è sfollata e vive nei campi. Succede ai nostri tempi, nel nord dell?Uganda. Da 18 anni. Una catastrofe dimenticata che ha mietuto più di 100mila vittime, diventata in questi ultimi mesi più feroce e insensata, e alla quale il nostro giornale ha dato voce con la copertina del numero 25: La strage degli innocenti . Dopo aver pubblicato le foto dell?eccidio nel campo profughi di Pagak, avvenuto il 17 maggio, Vita ha scelto di andare un passo più in là del dovere di cronaca, interpellando alcuni esponenti di ItaliAfrica, il coordinamento che lo scorso aprile, a Roma, ha promosso la prima manifestazione nazionale in Europa dedicata all?Africa.
Un primo risultato l?abbiamo ottenuto: il 12 luglio, alle 12, in Campidoglio, si svolgerà una conferenza stampa dedicata alla situazione del Nord Uganda con il sindaco di Roma, Walter Veltroni, il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, e la partecipazione del cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio giustizia e pace, che ha visitato il mese scorso il Paese africano. Tra gli interventi programmati, anche quelli del sottosegretario agli Affari esteri, Alfredo Mantica, di padre Giulio Albanese, direttore dell?agenzia Misna, e di Dominique Corti, medico e responsabile dell?ospedale di Lacor in Nord Uganda, che dalle colonne di Vita aveva lanciato l?allarme sulle condizioni disperate della popolazione.
Scopo dell?iniziativa è suscitare attenzione su quanto sta accadendo in Uganda. Sono i volontari italiani nel Paese a chiedere lo sforzo di una comprensione più seria e informata, al di là dei luoghi comuni sull?Africa.
A chiederlo è anche la società civile ugandese che si batte per la pace, i leader religiosi uniti nell?Arpli-Acholi religious peace?s leaders initiative (Iniziativa di pace dei leader religiosi Acholi). A invocare uno sforzo di attenzione e comprensione, sono soprattutto le vite appese a un filo di donne e bambini, costretti ogni notte a fuggire dalle incursioni dei guerriglieri. Che vanno fermati.

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